RECENSIONI LIBRI

Il bambino silenzioso di Sarah A. Denzil

Newton Copton editori

Aiden un bambino di sei anni, durante un alluvione che fa straripare il fiume Ouse che interessa la scuola elementare, scompare. Di lui si trova solo il cappotto nel fiume. Sua madre Emma, è lì quando il cappotto di suo figlio viene trovato. Un figlio avuto in giovane età, un figlio che scompare non lasciando traccia se non quel cappotto. Il corpo del bambino non viene mai più ritrovato e alla fine è dichiarato morto. Per Emma il dolore con tutte le conseguenze è inevitabile, così come lo è sprofondare nella più cupa disperazione naufragando nell'alcolismo. Ma gli anni passano, e Emma si ricostruisce una vita con un altro uomo che si prende cura di lei, che la protegge e l'aiuta a rialzarsi. I due si sposano e aspettano una bambina. Proprio nel momento il cui l'equilibrio sembra essere recuperato, proprio quando i frammenti della vita di Emma si ricompongono, a dieci anni dalla sua scomparsa, Aiden ricompare. Ormai sedicenne, minato nella psiche e nel fisico, il ragazzo riporta ferite e segni di abusi sessuali che non lasciano alcun dubbio in merito; dieci anni prima non era annegato nell'alluvione, ma era stato rapito e tenuto prigioniero. Si riaprono così le vecchie ferite per Emma, aggravate dal senso di colpa per aver in qualche modo abbandonato il bambino credendolo morto, cresce in lei il desiderio di vendetta e di scoprire chi ha rapito il ragazzo, ma le indagini del commissario sembrano non dare risultati. Solo Aiden conosce il nome della persona che per tanti anni l'ha tenuto prigioniero abusando di lui e costringendolo all'inferno, ma Aiden non è in grado di parlare; anni di traumi, abusi e sofferenze lo hanno reso muto, incapace di dire una sola parola. La storia si articola girando intorno a questo fantomatico ragazzo, che sembra assistere impassibile ai continui sforzi di farlo parlare da parte della madre che cerca in qualche modo di recuperare il rapporto con quel figlio che a suo tempo le era stato strappato. Il romanzo è davvero avvincente: sembra di capire chi è il misterioso carnefice, ma poi si viene catapultati in tutt'altra direzione, rimbalzando tra colpi di scena improvvisi e avvenimenti inaspettati, si giunge all'ultima pagina senza capire fino all'ultimo chi è il, o la responsabile. Un romanzo che ti tiene incollato alla lettura fino alla fine, uno di quei libri talmente avvincenti, da farti correre il rischio di passare una notte insonne. Consigliatissimo agli amanti del genere.

Mio fratello rincorre i dinosauri di Giacomo Mazzariol

Einaudi - 2016

Giovanni che va a prendere il gelato:

- Cono o coppetta?

- Cono!

- Ma se il cono non lo mangi.

- E allora? Neanche la coppetta la mangio!

Già questa frase iniziale sarebbe sufficiente a commentare questo libro stupendo, a opera di Giacomo Mazzariol. Una famiglia normale, tre figli dei quali Giacomo è il secondogenito, unico maschio tra due sorelline femmine. Un giorno i due genitori danno la splendida notizia ai ragazzini: sta per arrivare un altro fratellino, un maschio. Giacomo è raggiante di gioia sapendo che il suo fratellino sarà per l'appunto un maschio, quindi un potenziale compagno di giochi, nonché una sorta di "apprendista" a cui il fratello maggiore insegnerà tanti giochi e tante cose nuove. Dopo un'ecografia, viene comunicato ai due genitori che il nuovo arrivato soffre della sindrome di Down. I due dimostrano uno spessore e una maturità sconcertante, si mantengono calmi e per niente rattristati dalla notizia ma pronti ad accogliere comunque il nuovo bambino, comunicano ai figli che il loro fratellino sarà "speciale", stuzzicando ancora di più le fantasie di Giacomo che immagina il suo fratellino come una sorta di supereroe. In effetti sarà proprio così; Giovanni col tempo si rivelerà effettivamente un supereroe, ma indubbiamente con caratteristiche diverse dalle aspettative di Giacomo. Già alla nascita egli nota la diversità fisica del fratellino, ma è soprattutto crescendo che Giacomo si scontrerà con quelli che nella vita "normale" sono considerati limiti e stravaganze, che lo porteranno ad allontanarsi intimamente dal fratello fino a negarne l'esistenza. Meccanismi normali per un ragazzino, a dire la verità, se si considera che perfino molti adulti arrivano a non accettare quella che in genere viene riconosciuta come diversità, ma una diversità che in natura non esiste, o meglio; ogni essere umano è diverso, è un mondo a sé, ognuno di noi è unico ed irripetibile con le proprie caratteristiche, le proprie stravaganze, i propri pregi e le proprie debolezze. Se si guardano le cose con questo punto di vista, ecco che la visione della realtà si trasforma, ed è proprio quello che accadrà a Giacomo, che col tempo imparerà a conoscere Giovanni riscoprendo in lui un essere umano stupendo. Tra i due si fa strada una relazione di reciproco amore e rispetto, e da motivo di imbarazzo Giovanni si trasformerò col tempo in un vero e proprio idolo per Giacomo, cioè in quel famoso "supereroe" che i genitori gli avevano promesso prima della nascita.

Inutile dire che questa storia è straordinaria, sia nel contenuto che nello stile di scrittura davvero impeccabile e coinvolgente. In Giovanni possiamo trovare tante persone con la sindrome di Down; esseri umani stupendi, capaci di donare una visione di vita più ottimista e gioiosa. Persone che ci spingono ad andare oltre le apparenze, e a mettere in discussione il concetto di "normalità" quotidianamente banalizzato da schemi e canoni che non perdonano chi se ne discosta per natura o per scelta. 

Libro consigliatissimo!

Giacomo Mazzariol è nato nel 1997 a Castelfranco Veneto, dove vive con la sua famiglia. Nel marzo del 2015 ha caricato su YouTube un corto: The simple interview, girato assieme al fratello minore Giovanni, che ne è il protagonista. Giovanni ha la sindrome di Down. Il video ha avuto un'eco imprevedibile: i principali quotidiani gli hanno dedicato la prima pagina ed è stato commentato anche all'estero. Un sincero augurio di felicità, un abbraccio e un "in bocca al lupo" per il tuo futuro da scrittore molto promettente, carissimo Giacomo.

Le vite parallele, di Antonio Fusco

Giunti editore - 2017

 Far parte della giuria del Premio Prunola 2018, in qualità di autore vincitore della sezione editi dell'anno precedente, è stata davvero un'esperienza unica e irripetibile, e io non posso che ringraziare per l'opportunità che mi è stata offerta. Oltre ad aver incontrato una giuria di persone uniche nella loro energia, accoglienza, simpatia e cordialità, è stato molto bello per me leggere le opere degli autori finalisti. Ho apprezzato tutti i libri, è stato davvero molto difficile scegliere e stilare una sorta di classifica, d'altro canto, un premio letterario è una gara, e come tale ci devono essere dei vincitori.

Sono stato più che onorato di consegnare personalmente la Menzione d'onore della giuria ad Antonio Fusco per il suo romanzo: "Le vite parallele".

Ambientata nella città toscana di Valdenza, la storia vede come protagonista il commissario Casabona, si trova a dover risolvere un caso che in un primo momento sembrerebbe di facile soluzione, ma con il procedere degli eventi si rivela molto più difficoltoso del previsto. Una bambina di tre anni, figlia di due genitori benestanti, scompare nel nulla, lasciando il letto vuoto scoperto proprio dalla madre. Casabona comincia subito le indagini, seguendo le tracce di un delinquente cocainomane, da cui la madre della piccola aveva ricevuto minacce dopo la fine di una relazione burrascosa. In un primo momento, questa pista sembra la più ovvia essendo tra l'altro l'unica, ma proprio per questo il commissario sente che sotto c'è qualcosa di più complesso e intricato, e i suoi sospetti vengono presto confermati dai fatti. Le indagini inducono ad approfondire la storia della famiglia della bambina, facendo emergere un intreccio di tradimenti coniugali, di personaggi insospettabili implicati nella storia, di uso di droghe, di quella tipica ipocrisia che spesso sembra quasi un marchio di fabbrica di quelle famiglie che hanno fondato i valori della propria vita solo sulla ricchezza e sulla soddisfazione dei bisogni carnali, trascurando tutto il resto. Non ho intenzione di aggiungere altro alla trama di questo bellissimo romanzo, perché i colpi di scena si susseguono proprio nei momenti in cui la soluzione sembra ormai ovvia, ribaltando completamente la situazione. Emerge nel corso della storia, lo stato d'animo più profondo del commissario Casabona, apparentemente freddo e cinico, in realtà molto umano e sensibile; proprio in quei giorni sua moglie si trova a dover fronteggiare una malattia insidiosa, una situazione che farà emergere un rapporto coniugale incrinato nel tempo dalla presenza incostante del commissario, coinvolto troppo spesso in indagini che lo assorbivano totalmente. Emerge un rapporto coi figli non sempre facile, emerge soprattutto una sorta di amarezza nel rendersi conto di aver in parte smarrito le cose più essenziali della vita, tra i quali, la relazione coi propri cari.

Insomma, si tratta di un romanzo molto coinvolgente anche dal punto di vista emotivo, e che stimola la riflessione personale sul senso della vita e sull'importanza dell'amore nelle relazioni coi nostri cari, che andrebbe nutrito quotidianamente.

Lo stile del libro è equilibrato dalla giusta dose di semplicità e raffinatezza, riesce a coinvolgere e a mantenere vivo l'interesse del lettore per tutta la durata del romanzo. Soprattutto si percepisce lo spessore di una grande penna, e anche la competenza professionale nel settore in cui è basata la storia. Non posso che ringraziare Antonio Fusco per questo bel romanzo, che è parte di una serie che vede come protagonista il commissario Casabona, e che mi procurerò e leggerò al più presto.

Antonio Fusco, nato nel 1964 a Napoli, è funzionario nella Polizia di Stato e criminologo forense. Dal 2000 si occupa di indagini di polizia giudiziaria in Toscana. Nel 2017 Giunti ha raccolto in un volume unico le prime tre indagini della fortunata serie di Casabona.

Non sto a elencarvi tutti i premi letterari che l'autore ha vinto coi vari volumi, perché sono davvero tanti, ma vi consiglio di indagare la sua bibliografia che sembra davvero molto interessante.

Johnny Cash Autobiografia

Baldini&Castoldi - 1997

Sinceramente, non ho mai amato particolarmente le autobiografie; le ho sempre trovate poco interessanti, non reali e autoreferenziali. Ma qui il discorso è diverso: l'autore non ha avuto nessuna paura di mettersi a nudo, nel bene e nel male. Lui non ha certo bisogno di presentazioni: Johnny Cash è una leggenda del calibro di Elvis Presley o David Bowie, anche se la sua fama in Italia è sempre stata relativa, a favore di molti altri artisti di calibro sicuramente minore. Ma a giocare contro la fama di Cash in Italia è stata probabilmente la sua netta inclinazione al Country, almeno nei primi anni della sua carriera, stile che qui in Italia ha sempre avuto un seguito limitato. Johnny Cash è uno dei musicisti solisti che ha venduto il maggior numero di dischi in tutto il mondo, oltre ad averne prodotti circa 96, senza contare naturalmente i singoli. Addentrarsi nella sua discografia è davvero come vagare in un universo in cui c'è davvero il rischio di perdersi, e in cui si trova davvero di tutto: dal Country al Rock'n roll, dal Gospel al Pop, dalle sonorità più moderne al Folk. Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti e in tutte le salse. Il periodo di maggior fama va dalla metà degli anni 50 fino a gran parte dei 60. Negli anni 70 si è mantenuta stabile fino a crollare drasticamente negli 80, in cui l'artista viene totalmente dimenticato dal rock business, pur avendo pubblicato alcuni dei suoi dischi migliori, ma decisamente fuori rispetto alle sonorità di un decennio piuttosto effimero. Nei 90, il produttore Rick Rubin decide di riabilitarlo producendolo, e lasciandolo totalmente libero di creare senza ostacoli o condizionamenti. Da lì è stata prodotta la serie degli "American Recordings": sei dischi dei quali quattro pubblicati quand'era ancora in vita e due postumi; degli autentici capolavori da possedere, ascoltare e gustare con calma. Ma rendendomi conto di aver divagato un po', cosa tra l'altro facile quando si parla di Johnny Cash, torno a questa autobiografia, in cui si percepisce la voce dell'autore rivolgersi al lettore come che quest'ultimo fosse il suo migliore amico, rivelandogli di tutto: dall'infanzia passata nei campi di cotone alla morte dell'amato fratello Jack, dagli anni dei successi internazionali alla ricchezza raggiunta con tanti sacrifici, dai problemi non indifferenti con la droga al tentativo di uccidersi per giungere poi all'incontro con Dio e alla conversione che l'ha portato a creare alcune tra le migliori opere della musica Gospel. Cash non tradisce mai la sua fede Cristiana, e la dichiara apertamente anche contro il parere di tanti che gli consigliano di non farlo al fine di non nuocere alla popolarità. Questa autobiografia non segue l'ordine cronologico degli avvenimenti, piuttosto Johnny si diverte a parlare a ruota libera, spesso divagando tra un periodo della propria vita e un altro, ma mai annoiando e rendendo la lettura davvero appassionante. Ma in questa autobiografia emerge anche il cuore di colui che era un vero e proprio gigante sotto tutti i punti di vista; personale e artistico. L'artista non si vergogna di rivelare il suo pentimento per aver in passato trascurato la relazione coi suoi familiari a favore della carriera, ma non smette mai di elogiare i propri figli, a uno a uno, dichiarandosi spudoratamente fiero di loro; "non so a voi" dice, "ma a me piace molto vantarmi dei miei figli." Emerge il cuore di un uomo contemplativo, amante della natura e della vita semplice, circondato da un immenso numero di amici ma allo stesso tempo amante della solitudine, pazzamente innamorato della moglie e incredibilmente fiero di tutti i suoi amici che nomina uno a uno, sottolineandone per ognuno  le peculiarità. Insomma, impossibile non innamorarsi di quest'uomo ascoltando la sua voce amica, calda e rassicurante, che riesce inconsciamente a far sentire il lettore al centro dell'attenzione come fosse la persona più importante del mondo.

Consiglio questo libro a tutti; agli appassionati del grande Cash, ma anche a coloro che non lo conoscono o lo conoscono parzialmente, vi farà scoprire un uomo e un artista straordinario, e arriverete a rimpiangerne la scomparsa.

La natura della grazia, di William Kent Krueger

Neri Pozza - 2013

Ho cominciato a leggere questo libro, e me lo sono divorato in circa tre giorni, direi un record se tenete conto dei numerosissimi impegni che sottraggono tempo a quella che da sempre è una delle mie più grandi passioni, ossia la lettura. Anche se devo ammettere che all'inizio il romanzo scorre piuttosto lentamente, a un certo punto tutto diventa talmente incalzante e coinvolgente che il lettore non riesce più a staccarsene finché non giunge alla fine.

Ambientato a New Bremen in Minnesota nel 1961, la storia vede come protagonista principale, che è poi anche la voce narrante in prima persona, il tredicenne Frank Drum, il fratello minore balbuziente e per questo taciturno Jake, la sorella Ariel, il padre ministro di culto Nathan, e la bellissima madre Ruth. Ma pur se narrato in prima persona, in questa storia è protagonista tutta la comunità della piccola cittadina di New Bremen, che in quell'estate del 1961, sarà colpita da un'anomala ondata di morti piuttosto sospette. Il primo è il ragazzino coetaneo e amico di Frank: Bobby Cole, il cui corpo trovato sui binari fa pensare che sia morto investito dal treno. Ma la sua morte sarà la prima di una catena che arriverà a toccare anche la famiglia Drum.

L'affascinante comunità di New Bremen, nasconde in realtà diversi sotterfugi, e le morti impregnate di mistero, faranno emergere le caratteristiche positive ma anche negative dei vari personaggi. I Drum, costituiscono una famiglia serena in cui sembrano regnare l' amore e l'equilibrio, così anche tra tutte le figure che vi ruotano intorno, ma il lutto che li colpisce li getta in quel vortice di disperazione che sembra minarne i rapporti; la fede in Dio viene messa aspramente in discussione, mentre la certezza che la causa della morte sia il delitto, porta a generare sospetti e vendette. Indubbiamente il personaggio più solido di tutta la storia è il pastore Nathan; davvero un punto fermo di riferimento che riesce in qualche modo ad elaborare il dolore e a sopportare le avversità lasciando emergere una granitica fede in Dio, anche in quei momenti atroci in cui ci si sente di usare le stesse parole di Cristo sulla croce: "Mio Dio, perché mi hai abbandonato?"

Le indagini sembrano convergere su alcuni sospetti che trovano parziali conferme nei fatti; il primo incriminato è l'indiano Warren Redstone, colpevole di possedere alcuni oggetti appartenuti alle vittime, ma ad un certo punto la storia prende una piega davvero drammatica, riservando un inaspettato finale mozzafiato.

Ho trovato questo libro davvero molto intrigante e coinvolgente, con diversi momenti in cui emergono riflessioni amare e aneddoti commuoventi. Ma questo romanzo può davvero essere considerato una sorta di testimonianza, che sottolinea l'importanza dell'affidamento a Dio soprattutto nei momenti del dolore. Dio, alla fin fine è il reale protagonista della storia, anche se il suo intervento, velato e per questo maledettamente realistico, è sempre nascosto e discreto, quasi a non voler interferire influenzando le decisioni dettate dalla libertà dell'uomo.

Davvero un libro bellissimo che sinceramente vi consiglio di leggere.

A un tiro di sputo da qui, di Giovanni Crespi de' Denaro

Nulla die - 2015

Considero questo libro di Giovanni Crespi de' Denaro, una delle letture più interessanti degli ultimi anni. Una raccolta di pochi racconti, più o meno lunghi, degna di essere letta e riletta scoprendo ogni volta qualcosa di nuovo, e pur rendendomi conto della scarsa originalità di quest'ultima frase, non posso negare che è proprio così.

A lettura terminata, se dovessi trovare un termine comune per tutti i racconti, riassumerei tutto con la parola "solitudine", ma non una solitudine triste e passiva, ma bensì un sentimento che spinge al cambiamento, alla rivoluzione. E proprio di rivoluzione si parla nel primo racconto "La presa di Cuba", in cui il protagonista, durante un viaggio a Cuba, oltre a incontrare lo scrittore Pablo juan Guetierrez, entra in contatto niente meno che con l'anima di Che Guevara, diventando egli stesso spettatore della rivoluzione di Cuba. Una rivoluzione necessaria, non poco dolorosa in termini di perdite di vite umane e di sofferenza, ma purtroppo indispensabile per cambiare. E questo lo paragonerei alla rivoluzione interiore che ogni uomo prima o poi deve affrontare per evolversi; dolorosa, destabilizzante, ma necessaria per la crescita verso qualcosa di migliore. Proprio questo tipo di "rivoluzione interiore" è protagonista nel secondo racconto: "Barcellona", in cui una coppia spagnola si trova a fare in conti con la perdita di un figlio, avvenuta sostanzialmente per trascuratezza e solitudine. La storia della coppia, intrisa di sofferenza, rimorsi e ripensamenti non può non destabilizzare il protagonista, che si trova a rivolgersi probabilmente al Divino chiedendogli: "aiutami ad accettare ciò che non si può cambiare". Quando non si possono cambiare le circostanze e gli eventi esterni, la rivoluzione interiore si rende necessaria per ritrovare l'equilibrio indispensabile per sopravvivere al dolore. Nel terzo racconto "Fabbricanti di mutande", il protagonista è Ulisse Junior Grant, nipote di Ulisse Senior Grant, generale unionista nella guerra di secessione Americana, poi diciottesimo presidente degli Stati Uniti d'America. Qui irrompe il desiderio di rivalsa e quindi la rivoluzione interiore per vincere la povertà e rincorrere la ricchezza dedicandosi anima e corpo alla propria realizzazione sociale e personale. Ma col tempo, il protagonista si ritrova a fare i conti con il frutto amaro di tale scelta: la solitudine.

Il quarto racconto, quello che un amante degli animali come me non può non trovare commuovente, è un tenero omaggio dell'autore al compianto cane Arturo. Un racconto impregnato di quel senso di vuoto e solitudine che la scomparsa di un animale lascia nella vita del padrone.

Una lettura piacevole, scorrevole, un libro piccolo e sottile ma molto intenso e carico, tanto di emozioni quanto di spunti di riflessione. Nell'attesa che Giovanni ci proponga anche altro, consiglio vivamente a tutti la lettura.

"Bianco" di Ivan Graticoli

Panda edizioni - 2012

"Abbiamo sbagliato Jeff... Quello che è successo è che ci siamo ammalati di potere. Lo abbiamo agognato fino a volerne sempre di più, e non farcene mai bastare; poi, non siamo più stati noi ad averlo stretto in pugno ma è stato lui a usarci, tirando i fili dei nostri movimenti e facendoci recitare come burattini..."

Queste poche righe sintetizzano il senso dell'intero racconto. Confesso che da diverso tempo un romanzo così lungo non mi prendeva al punto da divorarlo pagina dopo pagina, parola dopo parola.

Jeff è un giovane Californiano, che vive la vita di un qualunque giovane collegiale della sua età. E' un ragazzo forte, deciso, fortunato, follemente desiderato dalle sue coetanee, ma lui si innamora di Vanessa una ragazza di origine italiana. Tra i due nasce una relazione già da subito piuttosto altalenante: Jeff non prosegue l'università, ma accetta di lavorare per una grossa azienda in forte espansione assieme al socio Larry. Da quel momento in poi la relazione tra Jeff e Vanessa prende una piega decisamente inquietante, dove è più il tempo dell'assenza di lui per lavoro e dell'attesa paziente di lei che non quello che i due condividono insieme. Vanessa viene colta dalla sensazione di non essere amata dal suo ragazzo, se non fosse per quei momenti molto intensi che passano insieme quando lui ritorna dal lavoro, ubriacandola con la promessa di un domani migliore, tra ricchezza e agiatezza. Con questa promessa Jeff porta Vanessa sull'altare, anestetizzandola con una cerimonia sfarzosa fino alla nausea, una lussuosa casa a Pasadena, e una lunghissima luna di miele in cui i due viaggiano in quasi tutto il mondo. Vanessa ha la sensazione di vivere una favola, e dovrà rendersi conto presto che in effetti è proprio così. Terminato il viaggio di nozze Jeff torna al suo lavoro e comincia per lui la corsa al successo, che riuscirà a raggiungere grazie a una fredda determinazione. La sua posizione all'interno dell'azienda crescerà sempre di più, la sua carriera sarà in costante ascesa fino a raggiungere i vertici dell'economia Americana e perfino della politica. Dall'altro lato la vita di Vanessa sembra subire una specie di stand by; un'attesa continua e senza fine, allietata dalla nascita del figlio Leonard, e da poche amicizie, costituite principalmente da Dora, una donna più anziana che accetta di accudire a Leonard quando Vanessa è assente. Per il resto sembra che nella vita della donna ci sia poco altro. Non compaiono amicizie particolarmente significanti, si limita a restare in attesa, rinunciando anche al lavoro e a una propria carriera professionale. La sua vita può essere riassunta in un'unica parola: attesa. Attesa di tempi migiori, attesa paziente che il marito si ravveda e cominci a dedicare alla sua famiglia le attenzioni che merita. Attesa a volte sedata da momentanee illusioni, alimentate da fantastiche ma fugaci serate passate assieme.

La corsa di Jeff verso il successo non conosce sosta, attraverso a giochini di potere, meschinità e tradimenti vari. La famiglia viene spesso dimenticata, i sentimenti quale l'amicizia e la solidarietà non esistono, c'è solo la sete di potere che lo consuma, giorno per giorno, mese per mese, la vita scorre e fugge di mano, i demoni del denaro, del prestigio e della fama si impossessano di lui facendolo precipitare in un vortice di apparente inconsapevolezza; Jeff in realtà è un uomo solo, che non conosce pace, roso dall'ansia, dal sospetto, dalla paura di perdere il potere e desiderio di salire sempre più in alto. Il senso della sacralità della vita è inesorabilmente perso, non c'è posto per la pietà, per il perdono.Jeff comincia a diventare violento, scattoso anche nei confronti di Vanessa, lo stesso Larry intravvede negli occhi del socio una luce strana, allarmante. Jeff comincia a cadere preda di strani disturbi che lo fanno precipitare in un mondo ovattato in cui non esiste nulla se non... il bianco. Il bianco diventa a un certo punto protagonista della storia insieme alla figura di un inquietante vecchio barbone che compare fugacemente a circa metà storia, e progredendo sempre di più fino a diventare una figura chiave.

Come finirà questo racconto? Posso dirvi che il finale giunge davvero inaspettato, ribaltando completamente i ruoli dei personaggi e facendo emergere chi è il vero protagonista della storia.

Lo stile di Graticoli è molto sobrio, granitico, certosino. Conduce il lettore verso lo sconvolgente finale, ma piano, con molta calma, facendogli prima assaporare con lentezza i vari passaggi. Non nascondo che sono stato spesso colto dalla tentazione di saltare alcune pagine per vedere cosa succedeva dopo, e soprattutto come andava a finire la storia, ma sono stato affascinato dallo stile dell'autore che sembrava quasi esortarmi alla calma e alla pazienza: ogni cosa a suo tempo.

Non posso che fare i complimenti a Graticoli che si rivela uno scrittore di spessore notevole, uno Scrittore con la esse maiuscola, e a voi cari amici, non posso che consigliare la lettura di questo libro che in diversi passaggi vi lascerà senza respiro.

Ivan Graticoli, giovane milanese, pubblica il suo primo romanzo, perché, com'è scritto nella quarta di copertina, "... scrivere è una mia necessità, il modo in cui riesco ad esternare le mie emozioni. Ho scritto "Bianco" come sfogo verso nessuno in particolare e verso chiunque non sa apprezzare ciò che la vita offre, senza pretendere soldi in cambio. Ma soprattutto ho scritto "Bianco" perché avevo bisogno di farlo".

Direi che il suo intento è più che riuscito. Complimenti.

Il libro è reperibile in qualunque libreria, comprese quelle on line, oppure può essere acquistato direttamente dal sito di Panda edizioni.

https://www.pandaedizioni.it/il-nostro-catalogo/narrativa-ante-2013/bianco/#cc-m-product-13581045932

Luca.

Tu non esisti. Di Alberto De Poli

La Gru - 2017

Ho sempre seguito con molto interesse Alberto De Poli, che considero indubbiamente uno dei migliori autori contemporanei. Ero animato da una buona dose di curiosità quand'è uscito questo libro, curiosità che alla fin fine è stata abbondantemente soddisfatta e ripagata da una piacevolissima lettura. Un libro questo, che ha pienamente soddisfatto le mie aspettative. Con uno stile in costante miglioramento, libro dopo libro, Alberto questa volta ci propone una storia surreale, molto diversa da quanto il nostro autore ci ha presentato precedentemente, con un tocco di genuina genialità che rende la storia irresistibile. Libero è uno scrittore affermato, con un vero e proprio contratto di lavoro col proprio editore. Sta scrivendo il suo nuovo romanzo, il cui protagonista è Pedro. Al di là dei fatti in cui si svolgono le storie di entrambi, il bello è che autore e personaggio si trovano a interagire vicendevolmente, finché a un certo punto, Pedro sembra sfidare il suo stesso creatore, che deve sempre ricordargli che è lui a condurre il gioco, perché "Tu non esisti". Non esisti se non nella fantasia di chi scrive la tua vita decidendone gli avvenimenti e programmando le tue azioni. Da questo punto di vista, Libero esercita il proprio potere abusandone, non dimostra rispetto per il proprio personaggio, spesso divertendosi a fargli compiere azioni che non vorrebbe commettere. Anche Pedro sta scrivendo un romanzo, dando vita a un terzo personaggio. A un certo punto il lettore è colto da un quesito piuttosto inquietante: e se noi tutti non esistessimo? Se fossimo frutto dell'immaginazione di un autore, che a sua volta potrebbe esistere nelle fantasie di qualcun altro? E se il nostro mondo non fosse altro che frutto della fantasia di qualcun altro? E se la nostra vita fosse già interamente scritta, passo per passo, minuto per minuto? Io francamente credo proprio di no. Mi piace pensare di essere padrone delle mie azioni, di avere più potere di quanto mi venga in genere riconosciuto, e che Dio mi abbia dotato di una mente in grado di decidere e di scegliere. Ma al di là di questi ragionamenti filosofici, Alberto De Poli è e rimane una grande penna, si può condividere o meno il suo pensiero, ma una cosa è certa: ogni suo lavoro è una garanzia che non delude mai.

Alberto De Poli (Treviso 1973) ha debuttato con Incubi a nord-est andata e ritorno (La Gru 2011). A questo hanno fatto seguito Al di là del muro (La Gru 2012) La Colpa (Biblioteca dell'Immagine 2014). Ingerito nel sistema triveneto, non ne viene digerito. Lo combatte con le parole. E pare stia vincendo.

John, di Cyinthia Lennon

three rivers press - 2015

     Prima di cominciare a parlare di questo libro una premessa è doverosa: John Lennon è stato un personaggio che mi ha affascinato molto in passato, un po' meno oggi. Diciamo che la mia tendenza è quella di dividere in due parti la sua carriera:                                              La prima nel periodo Beatles, in cui sono convinto che Lennon abbia davvero scritto le canzoni migliori, rivelando una vena artistica notevole. Sicuramente dei quattro egli era il più rivoluzionario, con momenti di geniale ispirazione, nonché una notevole capacità di spaziare tra generi diversi e un'indiscutibile tendenza alla sperimentazione.                          La seconda parte nel periodo solista, di cui francamente salverei poco. A parte il primo album, "Plastic Ono Band", trovo il resto della produzione di Lennon quasi inutile. Ho provato ad ascoltare ripetutamente gli altri dischi, cercando di farmeli piacere, ma in verità, a parte un paio di canzoni per album, trovo il resto un mare di desolante mediocrità. Per questo considero il Lennon solista incredibilmente sopravvalutato. Non riesco a equipararlo ad artisti del calibro di David Bowie o Peter Gabriel, sicuramente non lo considero degno di comparire al quinto posto nella classifica dei migliori musicisti di sempre. A questo aggiungiamo la figura ipocrita del santone pacifista ben lontana dal Lennon reale che, a detta di quanti lo conoscevano aveva tutt'altro che un carattere pacifico... insomma, probabilmente a causa della mia mente molto contorta e della mia sanità mentale discutibile trovo Lennon in parte indigesto, in parte non privo di un certo fascino.

Cynthia Powell ( 10 settembre 1939 - 1 aprile 2015) è stata la prima moglie di Lennon. I due si conobbero nel 1957 condividendo una grande attrazione reciproca, si sposarono nel 1962 in quanto lei era incinta e si separarono nel 1968, anno in cui Lennon fuggì con Yoko Ono. Quando John e Cyinthia si sposarono, dovettero mantenere il matrimonio segreto in quanto Brian Epstein, l'allora manager dei Beatles temeva che i fans non lo avrebbero accettato compromettendo la carriera dell'intero gruppo. Cyinthia quindi visse quasi da reclusa con il figlio Julian. La storia d'amore tra John e Cyn è non priva di tenerezza, a dimostrazione che i due per il periodo in cui sono stati insieme si sono amati davvero. Poi è arrivato il successo, la Beatlemania, ed ecco che John cominciava a stare lontano da casa per molto tempo, lasciando la moglie praticamente da sola a crescere il figlio Julian, facendo comunque i conti con la Beatlemania che emerge nel suo racconto con aneddoti assai inquietanti. Sembra infatti che la notizia che i due erano sposati fosse comunque trapelata, e i fans cercassero ripetutamente di introdursi nell'appartamento dove la coppia viveva ai tempi. La Powell racconta aneddoti in cui perfino quando andava in bagno si ritrovava i fans appesi alle grondaie degli edifici adiacenti. Nonostante le varie scappatelle di Lennon, Cynthia costituiva per lui un appoggio solido, una donna straordinaria che lo amava incondizionatamente, che rispettava la sua popolarità e non si intrometteva nei suoi progetti artistici, anzi spesso costituendo motivo di ispirazione per diverse canzoni, e supportandolo con tutto il suo sostegno. Una moglie ideale insomma. Lennon dal canto suo sembrava davvero amare molto la moglie a cui scriveva ogni giorno, e con cui tendeva a dividere il pur poco tempo libero. Nel racconto della Powell, emerge che i due, al di fuori della popolarità di John, erano davvero una coppia unita, sostenuta dall'amore reciproco come una qualunque coppia di giovani innamorati. Purtroppo però col tempo il matrimonio cominciò a declinare: Lennon faceva un massiccio uso di droghe quali l'LSD e in seguito l'eroina fino a degenerare nella tossicodipendenza. Era sempre più distaccato e insofferente nei confronti della moglie e del figlio Julian, fino ad abbandonarli scappando con Yoko. Particolarmente in questo punto, emerge un ritratto di Lennon tutt'altro che edificante; dopo aver dichiarato a Cynthia di amarla ancora alla follia, la spedisce in vacanza in Grecia con il figlio. Al ritorno Cynthia scopre di essere stata rimpiazzata da Yoko. Lennon con una smisurata dose di ipocrisia, tenta di accusarla di infedeltà per non pagarle gli alimenti, ma il suo tentativo fallisce quando emerge che Yoko è incinta. Da quel momento di dimostra totalmente freddo e indifferente nei confronti della moglie e del figlio tagliandoli inesorabilmente fuori dalla propria vita, liquindandoli con 100.000 sterline (Cazzo Cyn, cos'hai fatto in fondo per meritarteli? E' come aver vinto una fottuta lotteria!). Da questo momento in poi, Lennon si rifiuterà di avere ogni contatto con la sua ex moglie, accettando solo saltuariamente di incontrare il figlio Julian con cui non riuscirà mai a costruire una buona relazione, e qui la storia si tinge di tristezza. Lapidaria è la frase del bambino, quando vedendo il padre in TV impegnato a manifestare per la pace attraverso il bed-in esclama: "Ma mamma, perché il papà dice che dobbiamo volerci tutti bene, e non vuole neanche vedermi?"                                                      Ma ancora più lapidaria risuona la frase finale di Cyinthia: "Non ho mai smesso di amare John, ma il prezzo di quell'amore è stato enorme. Qualcuno recentemente mi ha chiesto se avrei mai accettato di mettermi con John quando ero giovane, avendo saputo cos'avrei vissuto dopo, e io ho risposto di no. Certamente non posso dire di non essere contenta di avere Julian, il mio più grande amore, ma la verità è che se quand'ero adolescente, nel momento in cui mi stavo innamorando di John avessi saputo a cosa sarei andata incontro, sarei scappata via".                                                                                        Sappiamo com'è finita la storia di Lennon. Un artista straordinario indubbiamente, ma il cui talento non ha avuto il tempo di mantenere le promesse fatte in passato.

Consiglio il libro agli appassionati dei Beatles, perché contiene molti episodi davvero interessanti e divertenti riguardanti gli anni della Beatlemania, per il resto non c'è molto altro.


Guanti bianchi, di Tieri Filippin

Nulla Die - 2015

Con grande piacere inauguro questa nuova sezione nel mio nuovo sito con la recensione di uno dei libri di Tieri Filippin, che ho particolarmente apprezzato.

La storia, ambientata nei primi anni sessanta, è quella di Rosa e Filippo, due giovani sposi nati e vissuti nel Bellunese, che decidono di emigrare in Belgio con la loro bimba per fare i domestici in un castello ottocentesco di Bruxelles, dimora dell'ex Primo Ministro Belga. Il congedo dall'Italia non è facile; come per tutti gli emigrati, si lascia il proprio paese d'origine che sembra non offrire molte prospettive per il futuro, sperando di trovare la fortuna altrove, ma salutare amici e parenti a cui si è particolarmente legati senza sapere se e quando si potranno rivedere è sempre un dolore.

Il futuro viene visto con speranza, ma anche con timore: la famigliola parte senza sapere con certezza il proprio destino, senza conoscere la lingua, affidandosi solo alle proprie qualità, l'onestà, la voglia di lavorare, il desiderio di essere accolti e apprezzati. Questi ultimi desideri sembreranno esaudirsi: la coppia sarà molto amata dal padrone di casa, un po' meno forse dalla moglie, donna dal carattere piuttosto difficile, conosciuta comunque per la sua eccentricità. Così, dopo un primo tempo di adattamento e dopo varie vicissitudini, la famiglia sembra trovare un proprio equilibrio, lavorando sodo, dedicandosi totalmente al proprio compito con abnegazione, qualità queste che saranno particolarmente apprezzate dai padroni e dal resto della servitù. Tuttavia, pur nella consapevolezza di essere stati fortunati rispetto ad altri Italiani emigrati in Belgio per lavorare in ben altre realtà, pur avendo conquistato la stima dei padroni di casa e pur vivendo una vita nel complesso serena, la famigliola comincia a essere colta dalla nostalgia di casa, che le lettere inviate e ricevute dai familiari e i rari momentanei ritorni in patria non sembrano sedare sufficientemente.

Questo piccolo ma molto intenso libro mi ha conquistato. Lo stile è semplice, diretto, il linguaggio rispecchia alla perfezione le espressioni di quel tempo. Si respira nella relazione tra Rosa e Filippo, un'aria italiana, direi tipicamente veneta, che il vivere in un paese straniero dove la lingua e le tradizioni sono diverse non riesce a cancellare. Il far parte della servitù in una famiglia di ricchi, permette poi di notare le incredibili diversità nello stile di vita delle famiglie nobili, in cui molto spesso la ricchezza sembra diventare motivo di infelicità, di insoddisfazione, in cui sembra che i rapporti umani passino spesso in secondo piano rispetto ad altre false priorità, ma la ricchezza può solo nascondere la realtà del genere umano sotto un velo troppo sottile destinato prima o poi a cadere. Alla nobiltà e sofisticazione dei padroni, si contrappone la sincerità, la semplicità della famiglia di servi, che forte dimostra pur nella povertà economica, una maggiore solidità soprattutto nel modo di vivere le relazioni, che li aiuta ad affrontare la quotidianità con grande sicurezza.                                        Il libro, presente soprattutto nel Bellunese dove vive il bravissimo Tieri Filippin a cui non posso non rivolgere i miei complimenti, è comunque reperibile in qualunque libreria

Tieri Filippin è nato a Bruxelles nel 1963. Dal suo luogo di nascita ha preso spunto il suo romanzo di esordio. Oltre a Guanti bianchi (Nulla Die 2015) ha pubblicato anche Storia di Bortolo (Sismondi 2015) e L'uomo senza patria (Onda d'urto 2017). Vive nel Bellunese e gestisce un proprio sito web: Tieri Filippin scrittore.

Luca Favaro scrittore/ Tutti i diritti riservati
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